Questa enorme ciofeca (Guernica) viene prodotta da Picasso nel 1937 per conto del governo repubblicano spagnolo, oramai decaduto (sembra per un compenso pari a un milione di euro, probabilmente incassati quasi interamente dal suo mercante), per rappresentare la Spagna all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1937.
Questo “dipinto”, di cui si vergognerebbe anche il più squallido dei fumettisti, aveva come scopo fondamentale quello di santificare la tecnica pittorica che Picasso fin dal 1907 aveva inaugurato con “Les demoiselles d’Avignon”, l’altra oscena ciofeca atta ad introdurre sul mercato la succitata tecnica pittorica.
Di quale tecnica stiamo specificatamente parlando?
Di quella che permise a Picasso di soddisfare le migliaia di richieste che aveva sul mercato internazionale: dal 1907 in poi, con ritmo sempre crescente egli infatti immette sul mercato una quantità di quadri dipinti direttamente su tele non preparate (cioè sul dozzinale fondo-gesso con cui vengono vendute le tele nelle mesticherie) con pochi contorni in nero e altrettanti pochi colori distesi solo su alcune parti del quadro.
Perché questa mutazione? Perché dai capolavori del periodo blu e rosa e di quello “classico” passa a questi scarabocchi inconsulti di cui le “Demoiselles” rappresenta il preludio, pur se approssimativamente più colorato dei “dipinti “ che poi seguiranno?
Semplicissimo, perché per dipingere un quadro nella maniera antecedente il buon Picasso impiegava diversi giorni mentre di queste sozzerie poteva produrne decine al giorno (arriverà anche a 50 quadri giornalieri).
Bastava far credere che anche queste ultime cifeche fossero opere d’arte. Di questo si occuparono infatti i mercanti-truffatori che le pubblicizzarono ed ancora lo fanno (in tutto il mondo), come il risultato geniale dell’estrema sintesi da lui raggiunta, quindi superiore anche alle meraviglie dei periodi famosi (azzurro, rosa, classico, che potete ammirare nelle immagini successive).
I mercanti poterono allora accontentare le centinaia e centinaia di richieste che oramai arrivavano da tutto il globo (assolutamente inesaudibili coi tempi di realizzazione precedenti) e riempire le tasche loro e di Picasso di una quantità industriale di quattrini.
Le “Demoiselles” rappresentano l’avvio della produzione industriale di Picasso, una catena di montaggio del tutto simile a quella che si attua nelle fabbriche (non dimentichiamo che Mirò lavorava allora in un enorme capannone con cinquanta cavalletti organizzati su due file su cui disponeva le tele che provvedeva ad imbrattare correndo (sottolineo correndo) dall’una all’altra con ogni singolo colore, cosa dimostrata da un filmato in bianco e nero che attorno al 1980 fu trasmesso anche da RAI 1).
Ma fu la concomitanza di due motivazioni a far si che un genio par suo desse avvio a quella produzione di quadri truffaldini. Egli infatti, vittima di rapporti sentimentali finiti in malo modo per colpa delle sue amanti, allargò allora il suo risentimento anche all’intero genere umano che ritenne non più degno del suo rispetto. A questo si aggiunse la sua conclamata ingordigia (egli teneva sotto il letto un baule con il denaro guadagnato e diverse volte accusò le sue amanti di avervi attinto a sua insaputa) e le due cose associate lo spinsero alla decisione di produrre opere velocemente realizzabili.
Ecco allora nascere le “Demoiselles” dove le donne, vissute come una razza di prostitute, vengono esibite in tale veste attraverso una tecnica pittorica estremamente veloce che gli dava anche modo di dimostrare la bruttura e la stupidità di tutto il genere umano.
Di quale colossale stupidità può essere infatti vittima un’umanità che crede che le orrende ciofeche prodotte fa Picasso dopo le "Demoiselles" siano invece dei capolavori?
I testi di Storia dell’Arte oramai non la riportano più, ma è ben nota la risposta che Picasso diede ad una persona che gli chiedeva perché fosse passato a dipingere quei brutti quadri:
“Se la gente è così stupida da comprarli, io glieli fornisco”.
Guernica rappresenta quindi l’ulteriore consacrazione per tutti i tempi a venire della produzione di ciofeche picassiane destinate a collezionisti cretini.
Evito di parlare singolarmente delle orride figure che compongono l’assieme pittorico di Guernica, dirò solo che trasuda da tutte un vignettismo, una superficialità ed una volgarità in cui non è assolutamente possibile riconoscere quello che fu il vero, grande spirito picassiano.
Non mi si accusi di essere insensibile al problema trattato dal quadro, il bombardamento nazi-fascista della cittadina di Guernica. A parte il fatto che quest’opera, vista l’orrida realizzazione e la vera motivazione per cui fu eseguita (la publicizzazione di una truffa-profitto) rappresenta una mortale offesa nei confronti dei caduti in occasione del tragico episodio.
Non solo, non abbiamo poi alcuna certezza del fatto che il bombardamento sia avvenuto (non esistevano al suolo i tipici crateri prodotti dalle bombe) e fino al 1970 la distruzione del paese veniva ufficialmente attribuita a truppe repubblicane in ritirata che volevano fare terra bruciata dietro di loro. Non esisteva tra l’altro alcuna motivazione per operare il succitato bombardamento, che portò solo danni al regime nazi-fascista per la risonanza data all’avvenimento a livello internazionale dalla propaganda comunista.
Molto ci dice il fatto che la propaganda di sinistra abbia anche mostruosamente gonfiato il numero delle vittime del presunto bombardamento: 1.650 e passa e in alcuni casi si parlò anche di diverse migliaia, mentre invece non ci furono più di 200 vittime.
Meraviglia inoltre il fatto che non siano mai stati intervistati dei sopravvissuti (ed erano ovviamente migliaia) che potessero confermare sia l’esistenza sia chi fossero gli autori del “bombardamento”.
Picasso stesso non diede mai il titolo di Guernica al dipinto, esso fu esposto come simbolo di protesta nei confronti della guerra in generale e infatti in esso non compaiono ne aerei ne bombe.
Ma una cosa ci inquieta oltremodo: sembra accertato che il quadro fosse già stato dipinto da Picasso prima di essere richiesto dal governo repubblicano. Pablo l'aveva concepito per ben altro motivo: quello di commemorare la morte del più famoso torero spagnolo Joselito, ma successivamente con ben pochi cambiamenti lo spacciò ai repubblicani come un dipinto che rappresentava gli orrori della Guerra.
Se osserviamo attentamente il quadro ci rendiamo infatti conto di come ciò corrisponda al vero: c'è un solo morto presente (a parte la piccola bambina in braccio alla madre sulla sinistra probabilmente aggiunta in seguito) e guarda caso questo "deceduto" è un ben strano civile-bombardato, in quanto impugna una spada, e guarda caso una spada spezzata, a rappresentare il tentativo non riuscito di uccidere il toro.
Domina la scena, sulla sinistra la testa del toro e alla sua destra il cavallo con uno squarcio nella struttura che ne rappresenta il corpo: guarda caso in quell'occasione un cavallo venne sventrato dal toro.
Nessuna strage quindi, ma un morto solo:tutte le figure presenti sono addolorate per l'evento che si è manifestato, verso il quale infatti si volgono, ma non c'è nessuna strage. Non traccia di velivoli in cielo, nessuna bomba che cade e nessuna esplosione: solo un morto con la spada in mano dominato da un toro, un cavallo sventrato e il compianto degli spettatori.
Alla luce del vero soggetto del quadro (morte del torero) trova adesso spiegazione la realizzazione vignettistica del medesimo da me antecedentemente messa in evidenza: come le "Damoiselles" sono frutto di una visione negativa della donna e dei fruitori delle sue opere, anche qui non possiamo non intuire che Picasso avesse intelligentemente una visione negativa della corrida (trattasi di manifestazione popolare a bassissimo livello ben poco diversa dalle partite di calcio e per giunta mostruosamente cruenta) per cui ha provveduto a realizzare un'opera "bivalente", tipica degli artisti di genio.
Ha realizzato cioè una pantomima vignettistica della morte del torero che solo un appassionato di corride (accecato dalla sua passione) poteva vivere come compianto di un eroe, ma che invece le persone colte ed assennate avrebbero vissuto non come compianto vero, ma come ironica vignetta di quello.
Provate a entrare nella mente di Pablo, che sa di essere un genio vero, e di cercar di capire come potesse sentirsi a vedere invece in patria essere osannato uno squallido "massacrator di tori", esattamente come accade con i calciatori dalle possenti cosce tanto ammirate dalle femmine in calore. Veramente potete credere che questo fosse un quadro di sincero compianto?
No, quello steso al suolo non è che un colossale pirla massacrator di tori che finalmente ha avuto il fatto suo.
A.Cottignoli 15/febbraio/2017
BREVE SPECIFICA SULLE MIE QUALIFICHE (vedi poi biografia)
Allego una mail speditami da James Beck, massimo esperto mondiale di pittura rinascimentale italiana, Columbia University, New York, con cui collaborai per 5 anni, in cui egli afferma praticamente che io sarei il più grande Storico dell’Arte esistente.
Allego altresì un’intervista del Corriere a Marco Meneguzzo docente di Storia dell’Arte a Brera che sottolinea la correttezza delle mie analisi, in questo caso relative alla Madonna del Parto di Piero della Francesca
MANZONI IN VATICANO?
Cari colleghi, storici dell’arte, che leggete i capolavori antichi come se fossero tante sciocchezze perché non potete certo mettervi al pari col genio che li produsse, voi, causa l’avvilimento a cui assoggettate la grande pittura, siete i responsabili del tragico accreditarsi nel mondo delle oscene, finte ciofeche dell’arte contemporanea.
Se veramente i capolavori del passato avessero la loro giusta lettura le opere contemporanee apparirebbero in tutta la loro superficialità, faciloneria e stupidaggine, mentre l’incapacità degli addetti al mestiere di capire alcunché delle meraviglie del passato, fa si che avvenga esattamente il contrario.
Verrà il giorno in cui vedremo, in Vaticano, al posto della Pietà di Michelangelo, una scatoletta di merda, si spera almeno ben sigillata?
Ma di chi è la colpa maggiore dell’affermarsi delle porcherie dell’arte contemporanea, oltre a mercanti, critici d’arte e banche, banche che in assoluto anonimato finanziano questo lucroso disastro? I maggiori colpevoli sono i “Grandi Collezionisti”, disgraziati fabbricanti di detersivi, di sardine in scatola, di preservativi e quant’altro, spesso quasi analfabeti e privi di qualsiasi sensibilità estetica che, magari quando cascano loro i capelli rimediano in maniera geniale col “riporto”, sono loro i veri colpevoli: questa razza disgraziata non compra le opere d’arte perché “gli piacciono”, ma semplicemente perché “gli mancano”, come una moneta o un francobollo! Basta che gli si faccia credere che il pittore è famoso ed ecco che questi colossali pirla ne vogliono possedere un’opera, magari semplicemente per non essere secondi all’industriale amico più fesso di loro. Spesso manco gli interessa guardare attentamente l’opera, basta che sia dell’autore che gli manca.
Al mercato dell’arte tutto ciò non sembra vero: la più orrenda ciofeca può diventare così “oggetto artistico da collezione” cosa che permette di ridurre infinitamente le spese di acquisto presso gli artisti.
“Spruzzami una tela tutta d’azzurro con uno spray” dice il mercante all’artista “ci metti pochissimo e puoi farne 50 al giorno, se te le pago € 10 l’una guadagni € 500 al giorno (15.000 al mese) e sei ricco”.
“Io poi” prosegue il mercante “organizzo mostre, articoli sui giornali, pubblicità fittizie con prezzi finti sempre più alti e la gente si convince che sei famoso, allora arrivano quei pirla di “grandi collezionisti” ed il gioco è fatto: sono centinaia di migliaia solo in Italia e non si riuscirà nemmeno ad accontentarli tutti. E man mano che i “pirla collezionisti” abboccano, i prezzi crescono.”
Basterebbe eliminare tutti i grandi collezionisti e l’arte contemporanea tornerebbe finalmente sul binario giusto, quello determinato da chi i quadri li compra perché “gli piacciono”. Che solo questa è la motivazione corretta per acquistare un’opera d’arte.
Miei cari colleghi “Storici dell’Arte”, che non fate che ripetere stancamente ciò che dissero Berenson e Longhi (che mai, di nemmeno di un quadro capirono qualcosa) e che mi ignorate perché troppo vi spavento, a voi mi rivolgo rifacendomi allo splendido Sordi del “Marchese del Grillo” sperando che capiate la “sottile ironia”:
IO SONO CIO’ CHE PRIMA DI ME NON E’ STATO MAI E CHE DOPO DI ME NON POTRA’ MAI PIU’ VENIRE E, VOI ……. NON SIETE UN CAZZO.