FIG. 1
Che si possa pensare anche solo per un secondo che la “Pietà Rondanini” (fig. 1)sia un’opera di Michelangelo (a parte naturalmente le gambe del Cristo) è assolutamente inconcepibile.
Premetto anzitutto che le sculture di Michelangelo sono sempre, dico sempre, contraddistinte da una dinamicità travolgente e da una possanza figurativa assolutamente ignare a questa scultura che si presenta invece di una staticità morbosa, tipica dell’incapace, viepiù esaltata dall’ esilità malata dei protagonisti. Non può non inquietarci la figura del Redentore che si presenta con delle spalle atrofiche di esasperata ristrettezza e con un torace compresso oltre ogni misura.
Questa scultura non è solo una delle più orrende che mente umana abbia mai concepito ma la distingue una caratteristica che rende impossibile il coinvolgimento di Michelangelo (per la parte superiore naturalmente) in quanto rivela drasticamente la limitata dimensione mentale di una persona estremamente stupida, di persona cioè, non tanto ignara delle leggi della dinamica e soprattutto dell’estetica (che di semplice “ignoranza” si tratterebbe) ma di persona che, pur conoscendo tali leggi, è assolutamente incapace di dominarle.
Di Michelangelo possiamo dire di tutto, ma non certo che fosse uno stupido, come possiamo allora pensare che abbia potuto scolpire un abominio del genere?
Che fin dalla sua scoperta la scultura sia stata considerata una ciofeca, lo arguiamo facilmente da come la si descrive nell’inventario, “Statua principiata per un Cristo et un’altra figura di sopra, attaccata assieme, sbozzate e non finite.”: che manchi il riconoscimento di Maria nella figura retrostante e l’espressione “attacca assieme” la dicono lunga, soprattutto sul fatto che non si capisce quale sia la connessione tra le due figure, cosa che induce l’”inventariatore” a questa espressione che di sicuro ha ben poco di “artistico”. Ricordo poi che nel 1904, il Ministero della Pubblica Istruzione rinunciò al diritto di prelazione sull’acquisto della statua (pur essendo giudicata opera di Michelangelo), sancendone in questo modo perlomeno la discutibile qualità artistica.
Ma andiamo a vedere quali sono le caratteristiche della statua che chiaramente la determinano come risultato dell’operato di un cretino.
Dell’assoluta non corrispondenza ai canoni della scultura michelangiolesca (siamo addirittura esattamente agli antipodi), di spalle e torace già si è detto, ma passiamo alle gambe:
sicuramente sappiamo quali furono gli eventi a cui ci si appella per giustificare questo “pastiche” e cioè la determinazione di Michelangelo di rielaborare una pietà, già quasi completata, in cui la Madonna sorreggeva il Figlio da dietro. Lo scultore decise scalpellare via la testa del Cristo e di utilizzare il marmo del torace di questi per scolpire la parte superiore di un nuovo Redentore lasciando invariate le gambe originali e decise di utilizzare la spalla sinistra, sempre del vecchio Cristo, per ricavare la parte superiore di una nuova figura di Maria.
Già questa “idea” non può che essere frutto di una mente incapace di connettere razionalmente:
se abbiamo una statua di un uomo completa e si decide di eliminargli la testa e di ricavare dal solo torace di questa, sia il torace che la nuova testa, è chiaro che le gambe risulteranno sproporzionatamente lunghe rispetto alle dimensioni dell’intero corpo, e infatti potete vedere come la figura del Cristo presenti un’esagerata lunghezza delle gambe, tale da dargli una sciocchissima apparenza “ grilliforme”.
La fig.2 evidenzia l’esagerato protendersi verso l’alto dell’anca del Cristo, assolutamente non pertinente alle dimensioni della figura che dovrebbe, per essere
FIG. 2
in proporzione, avere il busto molto più lungo. Non si pensi poi che potesse essere intenzione di Michelangelo adattare meglio le gambe accorciandole successivamente: non è possibile accorciare le gambe ad una statua: l’inguine non può essere abbassato in quanto il marmo sotto l’attaccatura dell’inguine medesimo è già stato asportato e non si possono poi accorciare le gambe dal basso perché manca il marmo per produrre nuovi piedi più in alto.
Ma la cosa che più denuncia la mano di un cretino è determinata dalla postura di Maria:
Ella sovrasta il Cristo senza in nessun modo sostenerlo, anzi, si ha la netta percezione che sia lei ad appoggiarsi, con tutto il suo peso, sulle spalle del Redentore.
Se osserviamo la scultura di lato (fig.3) vediamo infatti con chiarezza la Madonna
cercare disperatamente di issarsi sulle spalle del Cristo tanto che l’impressione generale è quella di trovarsi di fronte alla raffigurazione di Enea con il padre Anchise sulle spalle in fuga da Troia (il che conferma la perfetta definizione inventariale “...un’altra figura di sopra, attaccata assieme...” ).
FIG. 3
Rafforza questa impressione la tristissima posizione del braccio sinistro del Cristo che tende a stendersisi all’indietro come se si accingesse a spingere la parte posteriore di Maria, come si fa in questi casi, per aiutarla a salirgli sulla schiena. E', quella del Cristo,la postura tipica che assume chi si carica una persona sulle spalle. Se i piedi del Cristo non tradissero una situazione di “non appoggio” sul terreno, nessuno avrebbe dubbi sul fatto che in questo caso è il Redentore che si carica in spalla la madre per cercare di salvarla dalla crocifissione.
Per non parlare poi della collocazione di Maria su una specie di ridicolo sgabello che gli permetta di salire sulle spalle del Cristo (cosa che rafforza enormemente l’impressione che Maria venga sostenuta dal figlio e non viceversa) , esattamente come fanno i bambini quando, per gioco, cercano di salire in spalla ad un compagno molto più alto di loro per cavalcarlo.
Se poi cerchiamo di risalire alla dinamica sottesa dalle posture dei protagonisti, veramente non riusciamo a dargli un senso:
forse che Cristo è stato deposto dalla croce e consegnato a Maria? Forse che Lei è salita su quella specie di protuberanza-sgabello per poter ricevere il corpo morto reggendolo in piedi? Per quale assurdo motivo? Potremmo forse in parte comprenderlo se Maria poggiasse coi piedi a terra come accade per il personaggio che in tutte le altre pietà di Michelangelo sostiene il corpo del Cristo, ma questo sciocchissimo posizionarsi della Vergine su quella zona sopraelevata ci appare di una stupidità macroscopica.
Chi ha scolpito questa ciofeca allora?
Una cosa sappiamo, e cioè che l’unico a dare notizia del fatto che Michelangelo pensò di modificare la sua ultima pietà, fu Daniele da Volterra (soprannominato poi “Braghettone” perché successivamente incaricato di coprire con drappi le pudenda troppo evidenti negli affreschi della Sistina), che, guarda caso, si premurò di avvertire della cosa, con due lettere, proprio il Vasari (che avrebbe santificato, con la sua opera di primo storico dell’arte, ogni avvenimento rinascimentale) e Leonardo Buonarrotti.
Che il “Braghettone”, pittore e scultore, uso a vivere artisticamente di riflesso a Michelangelo di cui si limitava a dipingere (cioè a colorare) i disegni grandiosi e, a quanto pare, unica persona che mantenne un contatto col maestro fino alla morte, possa aver pensato di passare alla storia collocando un’opera sua tra quelle di Michelangelo, ci pare l’ipotesi più probabile e non vediamo chi altro avrebbe potuto lavorare nello studio del maestro se non il suo più stretto collaboratore.
In ogni caso, che il colpevole sia il “Braghettone” o meno, poco importa, resta l’oscenità della scultura a testimonianza del fatto che di sicuro Michelangelo non pose mai mano alla sua successiva rielaborazione.
Ma come mai questa statua, da sempre ignorata, appena entrati nel ‘900 cominciò, incredibilmente, ad essere addirittura osannata come la più bella scolpita dal maestro?
Dobbiamo tutto questo alla nuova concezione di opera d’arte affermatasi giusto all’inizio del secolo scorso e dipendente dalle stesse dinamiche di mercato che cominciavano a coinvolgere tutto il mondo economico. Un disastro che coinvolse la percezione estetica dell’individuo portandola ad un regresso talmente profondo da indurlo a considerare artistici dei prodotti che, invece, chiaramente caratterizzavano l’incapacità e le scarse attitudini, appunto artistiche e cerebrali, di chi li produceva. Solo un secolo che ha annullato d’un botto tutto il progresso artistico faticosamente conquistato in 10.000 anni di storia fino al Rinascimento, poteva dichiarare che la pietà Rondanini era il vero capolavoro di Michelangelo.
Non ci si è poi resi conto che affermare una cosa del genere e cioè che il suo “non finito”, frutto unicamente del suo decesso, fosse il vero capolavoro, equivaleva a dire che tutte le sue opere precedenti potevano anche non esistere e che sarebbe stato meglio che egli fosse morto in piena giovinezza, stroncato da un benevolo infarto, sull’abbozzo “non finito” (mio Dio!) della pietà del Vaticano.
Come si può affermare che l’opera di un artista raggiunge il suo livello più alto se fortunatamente muore prima di terminarla? A quali assurde ipotesi ci ha potuto condurre questo secolo malato, che arriva a consacrare un taglio casuale nella tela, gettato nella pattumiera dall’artista (naturalmente perché la tela non era più utilizzabile) come un capolavoro, semplicemente perché un mercante delinquenziale ed analfabeta la recuperò dal bidone in cui giaceva assieme lattine vuote e bucce di patata? E perchè il medesimo mercante decise di incorniciarlo e di pubblicizzarlo come massima sublimazione delle tensioni artistiche di un autore che lo aveva invece destinato ai depositi della spazzatura cittadina?
Per avere un’idea più completa di cosa sia successo all’arte nel XX secolo è necessario leggere, sempre in questo blog, il mio articolo “Volpi, lupi ed altre intelligenze”, mi limiterò qui ad un veloce riassunto del problema:
bande delinquenziali di mercanti corrotti e semianalfabeti, spalleggiati da critici e storici dell’arte privi di qualsiasi senso estetico e di qualsiasi sensibilità ma assetati di denaro da guadagnare facilmente, hanno santificato, nell’artista figurativo del XX secolo, la totale inattitudine al disegno, la mancanza di senso cromatico, l’incapacità di definire armonicamente i rapporti di massa, la mancanza di conoscenza della prospettiva e dell’anatomia e sono arrivati ancora oltre, fino a concretizzare l’abominevole asserto che “ l’arte non deve essere bella e non deve servire assolutamente a nulla”.
Sculture ciofeche (rimanendo in questo particolare campo artistico) prodotte da cretini della stessa dimensione mentale di chi scolpì la Pietà Rondanini, riempirono e tuttora riempiono il mercato di tutto il mondo semplicemente perché pubblicizzate a dovere dai mercanti succitati, come un qualsiasi detersivo o cibo in scatola.
Si è poi arrivati al massimo dell’abominio: la demenziale esaltazione del “non finito” come momento supremo ed incommensurabile dell’arte.
Ecco allora emergere la Pietà Rondanini, dal pietoso limbo in cui fortunatamente risiedeva, quale miracoloso preludio alla magnificenza del “non finito”, testimone della preveggenza dell’immenso genio michelangiolesco che anticipava di 500 anni l’evoluzione della scultura.
Come si è potuta affermare una sciocchezza del genere? A quali estremi limiti possono condurre l’ignoranza e l’istinto truffaldino degli uomini?
Non c’è dunque limite alcuno?
Un’ arte contemporanea che satura di opere di cretini, che vengono esaltati come geni, ed ecco allora che diventa quasi naturale che la scultura di un cretino di 500 anni or sono si trasformi in capolavoro semplicemente perché sono analoghi i procedimenti cerebrali che la accomunano a tali opere.
Della critica in proposito, citerò solo cosa scrive Luigi Serenthà a proposito della nostra ciofeca: “...un movimento inarrestabile del corpo del Cristo morto dentro il corpo della Madre,... genialmente fusi nel sublime non finito” .
E’ incredibile come la critica non si sogni nemmeno di guardare attentamente ciò di cui sta parlando ma parta dal presupposto che si trova certamente davanti ad un capolavoro (visto che è di Michelangelo) e che quindi l’opera deve essere letta come un capolavoro anche se si tratta di un evidente abominio estetico.
Commovente è poi il fatto che anche il Serenthà, come tutti i critici, vada in deliquio per il “non finito” e non gli passi minimamente per la mente che non finire un’opera è semplicemente la più facile delle soluzioni!!
Sbozzare è estremamente facile, e questo lo sanno tutti gli artisti, il difficile viene dopo, ed è questo che distingue l’artista da chi non lo è: non è così difficile capire che chi riesce a creare un’opera d’arte in fase di rifinitura è un artista e invece chi non ci riesce non lo è.
E non si pensi che l’artista rifiuti di essere più definito perché pensa che è artisticamente più valido tale stadio: se lo fa è esclusivamente per motivi di mercato (vedi l’ultimo periodo di Picasso), cioè perché l’abbozzo è estremamente più veloce e, se gli riesce lo stesso di piazzarlo agli stessi prezzi del finito, moltiplica enormemente i suoi guadagni.
Alberto Cottignoli
BREVE SPECIFICA SULLE MIE QUALIFICHE (vedi poi biografia)
Allego una mail speditami da James Beck, massimo esperto mondiale di pittura rinascimentale italiana, Columbia University, New York, con cui collaborai per 5 anni, in cui egli afferma praticamente che io sarei il più grande Storico dell’Arte esistente.
Allego altresì un’intervista del Corriere a Marco Meneguzzo docente di Storia dell’Arte a Brera che sottolinea la correttezza delle mie analisi, in questo caso relative alla Madonna del Parto di Piero della Francesca
MANZONI IN VATICANO?
Cari colleghi, storici dell’arte, che leggete i capolavori antichi come se fossero tante sciocchezze perché non potete certo mettervi al pari col genio che li produsse, voi, causa l’avvilimento a cui assoggettate la grande pittura, siete i responsabili del tragico accreditarsi nel mondo delle oscene, finte ciofeche dell’arte contemporanea.
Se veramente i capolavori del passato avessero la loro giusta lettura le opere contemporanee apparirebbero in tutta la loro superficialità, faciloneria e stupidaggine, mentre l’incapacità degli addetti al mestiere di capire alcunché delle meraviglie del passato, fa si che avvenga esattamente il contrario.
Verrà il giorno in cui vedremo, in Vaticano, al posto della Pietà di Michelangelo, una scatoletta di merda, si spera almeno ben sigillata?
Ma di chi è la colpa maggiore dell’affermarsi delle porcherie dell’arte contemporanea, oltre a mercanti, critici d’arte e banche, banche che in assoluto anonimato finanziano questo lucroso disastro? I maggiori colpevoli sono i “Grandi Collezionisti”, disgraziati fabbricanti di detersivi, di sardine in scatola, di preservativi e quant’altro, spesso quasi analfabeti e privi di qualsiasi sensibilità estetica che, magari quando cascano loro i capelli rimediano in maniera geniale col “riporto”, sono loro i veri colpevoli: questa razza disgraziata non compra le opere d’arte perché “gli piacciono”, ma semplicemente perché “gli mancano”, come una moneta o un francobollo! Basta che gli si faccia credere che il pittore è famoso ed ecco che questi colossali pirla ne vogliono possedere un’opera, magari semplicemente per non essere secondi all’industriale amico più fesso di loro. Spesso manco gli interessa guardare attentamente l’opera, basta che sia dell’autore che gli manca.
Al mercato dell’arte tutto ciò non sembra vero: la più orrenda ciofeca può diventare così “oggetto artistico da collezione” cosa che permette di ridurre infinitamente le spese di acquisto presso gli artisti.
“Spruzzami una tela tutta d’azzurro con uno spray” dice il mercante all’artista “ci metti pochissimo e puoi farne 50 al giorno, se te le pago € 10 l’una guadagni € 500 al giorno (15.000 al mese) e sei ricco”.
“Io poi” prosegue il mercante “organizzo mostre, articoli sui giornali, pubblicità fittizie con prezzi finti sempre più alti e la gente si convince che sei famoso, allora arrivano quei pirla di “grandi collezionisti” ed il gioco è fatto: sono centinaia di migliaia solo in Italia e non si riuscirà nemmeno ad accontentarli tutti. E man mano che i “pirla collezionisti” abboccano, i prezzi crescono.”
Basterebbe eliminare tutti i grandi collezionisti e l’arte contemporanea tornerebbe finalmente sul binario giusto, quello determinato da chi i quadri li compra perché “gli piacciono”. Che solo questa è la motivazione corretta per acquistare un’opera d’arte.
Miei cari colleghi “Storici dell’Arte”, che non fate che ripetere stancamente ciò che dissero Berenson e Longhi (che mai, di nemmeno di un quadro capirono qualcosa) e che mi ignorate perché troppo vi spavento, a voi mi rivolgo rifacendomi allo splendido Sordi del “Marchese del Grillo” sperando che capiate la “sottile ironia”:
IO SONO CIO’ CHE PRIMA DI ME NON E’ STATO MAI E CHE DOPO DI ME NON POTRA’ MAI PIU’ VENIRE E, VOI ……. NON SIETE UN CAZZO.