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28 agosto 2015 5 28 /08 /agosto /2015 22:10
Fig. 1

Fig. 1

Bene, per un anno intero ho finto di attribuire questo medaglione centrale di una kylix attica (fig. 1) ad Exekias con lo scopo di controllare l'effettiva capacità attributiva dei docenti delle varie università internazionali e purtroppo non ho ricevuto alcuna smentita. Questo conferma l'ipotesi che da lungo tempo porto avanti: non esiste più alcun esperto in campo mondiale in grado di riconoscere la paternità delle pitture vascolari attiche.

Provvedo allora a rivelare il vero autore di questo medaglione: non di Exekias si tratta ma del pittore di Amasis, attivo ad Atene nello stesso periodo (560-530 a.C.) in cui operava Exekias (collaboravano infatti con le medesime botteghe di vasai). Amasis è stato finora ritenuto secondo per qualità artistiche solo ad Exekias ma la comparsa di questa coppa e l'attribuzione di un'altra che ho appena pubblicato, portano senz'altro questo pittore al pari di Exekias, dal quale si distingue adesso solamente per la metodologia da lui applicata alle proprie composizioni: se Exekias è facilmente riconoscibile per la statuaria dimensione dei suoi personaggi (vedi le sue figure di guerrieri che paiono riproporci in chiave bidimensionale i grandiosi Kouros contemporanei) e per la dimensione emotiva che traspare dall'atteggiamento e dall'azione delle delle sue figure (vedi il ritorno dei Dioscuri dalla battaglia, nell'anfora del Vaticano e Achille che uccide Penthesilea, in quella del British), Amasis manifesta adesso, attraverso le nuove scoperte ed attribuzioni, una grandezza parallela e non inferiore che si concretizza invece nel geniale utilizzo dei rapporti geometrico-significanti che caratterizzano le sue composizioni.

Aumenta enormemente l'importanza di questa coppa anche il suo esterno, che presenta circa 60 guerrieri in combattimento e tre quadrighe in corsa(fig.2-3-4)

Fig. 2 Lato esterno A della kylix di fig.1

Fig. 2 Lato esterno A della kylix di fig.1

Fig. 3 Lato esterno B della kylix di fig.1

Fig. 3 Lato esterno B della kylix di fig.1

Fig.4 Esterno completo della kylix di fig 1

Fig.4 Esterno completo della kylix di fig 1

Per entrare nella grandiosa dimensione geometrico significante che caratterizza il nostro pittore mi rifarò ad una coppa meravigliosa e famosissima che ho appena attribuito ad Amasis e la cui grandiosità artistica non era stata finora decodificata:

la kylix di Tarquinia con al centro Eracle che uccide Tritone (fig.5)

Fig. 5 Medaglione centrale di una coppa custodita presso il Museo di Tarquinia

Fig. 5 Medaglione centrale di una coppa custodita presso il Museo di Tarquinia

Questa kylix non fu mai attribuita dal Beazley (il genio a cui dobbiamo il riconoscimento di quasi la totalità degli artisti che decorarono le ceramiche attiche) ad Amasis, in quanto mentre lui era in vita non erano ancora state scoperte le due lekytos del Metropolitan (attribuite appunto con assoluta certezza ad Amasis), sulla spalla delle quali sono presenti delle piccole donne in corsa (fig.6-7) che si tengono per mano, facilmente riconducibili allo stesso Amasis (null'altro di simile ritroviamo in altri pittori).
Fig. 6-7 Spalle delle due lekytos del Metropolitan attribuite ad Amasis
Fig. 6-7 Spalle delle due lekytos del Metropolitan attribuite ad Amasis

Fig. 6-7 Spalle delle due lekytos del Metropolitan attribuite ad Amasis

Ma passiamo a evidenziare la grandezza artistica di questa coppa che è determinata da alcune caratteristiche che mai nessuno ha preso in considerazione:
a) in primis la disposizione delle braccia delle Nereidi(divinità marine):queste braccia sono state grandiosamente concatenate tra loro con un gomito rialzato ed uno abbassato cosa che, associata all'emergenza delle teste, DA LUOGO AD UN MOTO ONDULATORIO CHE SIMULA QUELLO DELLE ONDE MARINE!! Questo "artificio" è di una grandezza artistica tale da poter da solo far attribuire la qualifica di capolavoro a quest'opera.
Da sotto la superficie circolare, individuata dal movimento di queste originalissime onde, si manifesta poi la circolare profondità del mare, all'interno del quale si svolge la titanica lotta tra Ercole e Tritone.
Ma in quale meraviglioso modo è resa questa lotta: le spire di Tritone unificate alla figura di Ercole creano un movimento circolare che, oltre ad adattarsi alla forma della coppa e del medaglione, meravigliosamente si unifica al moto delle Nereidi.
Il moto circolare di questa moltitudine di divinità marine pare infatti trascinare con sè, e quindi vivificare, il contorcimento (anch'esso circolare) della lotta tra Eracle e Tritone all'interno del tondo centrale.
Se a questo aggiungiamo il fatto che la kylix doveva contenere del vino abbondantemente annacquato, non possiamo non immaginare con quale godimento, chi beveva da questa coppa, vedesse emergere dalle liquide, cristalline trasparenze del vino, prima la lunga fila femminina delle divinità marine intente a smuovere la superficie del nettare rosato col loro moto ondoso circolare, e quindi vedesse, al seguito del calare dello spessore del liquido e all'aumentare dell'ebrezza, la profondità del mare e, nei suoi più reconditi abissi svolgersi la grandiosa lotta tra il semidio e Tritone.
Occorre qui puntualizzare una cosa: Ercole e Tritone sono stati raffigurati in questa postura (assolutamente identica) in una moltitudine di anfore a collo distinto limitate però sui bordi orizzontali dalle decorazioni di fiori di loto (o puramente geometriche) che riducevano lo spazio utilizzabile a delle specie di rettangoli convessi, cosa che ci spinge a pensare che la disposizione circolareggiante dei due personaggi fu progettata per essere collocata al centro di un medaglione e non certo sulla facciata pseudo-rettangolare di un'anfora. Ne discende che i pittori delle anfore succitate non hanno fatto che adattare questa raffigurazione a una situazione spaziale diversa (e meno consona) da quella per cui era stata progettata. Da tutto questo è facilmente arguibile che la figura originale da cui tutte quelle simili, rintracciate su anfore, discendono, è quella della kylix di Tarquinia. Ci riesce altresì difficile immaginare che questo assetto figurativo possa essere stato copiato da una qualche opera pittorica su tela o tavola di un pittore contemporaneo famoso vista la sua caratterizzazione prettamente circolare.
Fig. 8 Il cavallo retrostante ridipinto in bianco com'era in origine

Fig. 8 Il cavallo retrostante ridipinto in bianco com'era in origine

Ma torniamo alla kylix di fig.1 che pare essere stata strutturata in modo molto simile a quella di Tarquinia.

Sul fatto che i due cavalieri del medaglione siano i Dioscuri non c’è alcun dubbio: nudi sui loro cavalli, uno di loro intento ad uccidere un guerriero dipinto di grandi dimensioni (probabilmente un gigante, quindi allusivo alla loro partecipazione alla Gigantomachia) e tutto ciò al centro di una battaglia (quella raffigurata all’esterno) di cui erano le divinità preposte (i contendenti sempre invocavano il loro intervento a proprio favore).

Osserviamo però adesso in quale geniale modo siano stati raffigurati questi due semidei: colpisce infatti che, sia a sinistra che a destra, LA LINEA CHE INDIVIDUA IL POSTERIORE DEI CAVALLI, TROVI LA SUA ESATTA PROSECUZIONE NELLA LINEA CHE INDIVIDUA IL BORDO ANTERIORE DEL COLLO DEI CAVALLI MEDESIMI.

Se questo può essere, per i grafici moderni, una espediente conosciuto, non così era 2.500 anni or sono, ma la genialità non sta tanto nell’espediente quanto nel motivo per cui fu utilizzato. Che la consecutività delle linee servisse ad Amasis per armonizzare l’inserimento dei due cavalli nella dimensione circolare del medaglione è indubbio (come avviene per Eracle e Trittolemo), ma, come esclamò il Rosenbaum (il più importante degli antiquari svizzeri deceduto nel 1986) quando lo vide: “Ma che meravigliosa tensione in questo medaglione!!!”, risulta evidente una seconda motivazione che eleva questo disegno ai livelli del sublime.

La prosecuzione delle linee infatti determina un fenomeno ottico importantissimo: il nostro sguardo infatti, passa senza interruzioni dal posteriore di ognuno dei cavalli al collo del cavallo attiguo e la consecutività di questo “passaggio ottico” ci fa sembrare i cavalli in movimento, in quanto ci par di cogliere assieme sia il momento appena precedente all’impennata sia l’impennata stessa. L’effetto è grandioso e tradisce una mente che trascende infinitamente quella di qualsiasi altro pittore di ceramica di tutti i tempi. Basterebbe questo per darci la certezza di trovarci di fronte ad un’opera di Amasis.

Non possiamo poi ignorare che il nostro genio si serve di un espediente rinnegato dalla tecnica pittorica tradizionale che vieta di tracciare linee che confondano il primo piano prospettico col secondo, ma è altresì vero che questo non fa che esaltare la dimensione artistica di Amasis.

Infatti effettivamente il problema sussiste, in quanto al primo impatto ottico si fatica fortemente (fig.1) a capire la strutturazione dell’insieme, dato che è molto difficile distinguere a quale dei due cavalli appartangono corpi e zampe e il tutto appare come una scura massa informe da cui emergono appunto due teste di cavallo e delle zampe anch’esse cavalline. Ma come rimedia a tutto questo Exekias e come riesce a trasformare l’immagine, da errata, in un capolavoro? "Semplicemente" sovradipinge il cavallo retrostante di bianco (sono ben visibili le tracce di questo colore sull’originale che ebbi modo di studiare accuratamente): in questo modo i cavalli e le loro teste e zampe pertinenti risultano perfettamente individuabili senza la necessità di alterare il grandioso effetto del movimento in impennata (fig. 8)!!

Ma se, sulla volontà di questo geniale artista di voler operare quanto sopraccitato non possono sussistere dubbi, andiamo a rilevare un altro “effetto” creato dal modo di procedere di Amasis: mentre le linee che individuano i posteriori dei cavalli tendono ad incontrarsi in basso chiudendosi in uno forma quasi circolare, notiamo come invece, nella parte alta, la prosecuzione delle linee lungo i colli dei cavalli tenda ad aprirsi e a farle congiungere, idealmente, più in alto (fig.9).

Bene, se immaginiamo queste due linee congiungersi semicircolarmente sopra le teste dei Dioscuri, non possiamo non accorgerci di trovarci di fronte alla precisa forma di un uovo, contenente, appunto, i Dioscuri medesimi (fig.9).

Fig.9  I Dioscuri all'interno dell'uovo da cui nacquero

Fig.9 I Dioscuri all'interno dell'uovo da cui nacquero

Ma da dove nascono, nella tradizione mitologica, i Dioscuri? Esattamente da un uovo di Leda fecondato da Giove in sembianze di cigno!

Che questa ulteriore simbologia non rientrasse inizialmente nella volontà di Exekias è molto probabile, è però quasi impossibile che durante lo sviluppo del disegno egli non si sia accorto della grandiosa possibilità che la strutturazione geometrica del disegno gli stava offrendo.

Ci troviamo così di fronte ad un capolavoro che non ha eguali in tutta la ceramica greca:

a questi cavalli, di cui cogliamo tutta la potenza dell'impennata, sapientemente resa con un artificio geniale e che paiono, scalpitando, voler uscire dal medaglione stesso, si aggiunge la percezione subliminare dell'uovo. Ma quale grandiosa immagine in movimento cogliamo anche in questo caso: l'uovo, coinvolto nel moto dei cavalli, par esplodere anch'esso, immergendoci nel momento misterioso e grandioso della nascita, quando, appunto, il contenitore materno si frantuma. La mancanza stessa della parte superiore dell'uovo contribuisce a proiettarci nel preciso momento della nascita divina.

L'interno della famosissima coppa di Monaco, con Dioniso sulla nave circondata da delfini, di mano del grandissimo Exekias, pur rappresentando probabilmente il massimo capolavoro della pittura vascolare attica a figure nere (per quanto riguarda le kyliches), non regge la grandiosità di questo medaglione.

Sicuramente la coppa di Monaco, opera posteriore a quella in oggetto, presenta una notevole raffinatezza esecutiva, frutto oramai di grande esperienza ma, la genialità che il disegno di questo medaglione manifesta, lo rende enormemente più importante.

E’ poi interessante notare come questo medaglione abbia creato alcuni problemi di realizzazione ad Amasis (ancora alle prime armi), che molto probabilmente non aveva alcuna intenzione di inserire nella composizione l’enorme guerriero che vediamo sulla destra.

Fig.10  Le lineette rinforzate e unificate

Fig.10 Le lineette rinforzate e unificate

Venne obbligato ad dipingerlo perché non gli riuscì di collocare le figure dei due cavalli, che dovevano essere l’unica decorazione, perfettamente al centro del medaglione. La prova di tutto questo ci viene dal modo in cui sono state trattate le quattro linee concentriche che separano le linguelle del medaglione dalla figurazione interna. Se osserviamo la zona destra di queste linee (fig. 10, A-B-C) ci accorgiamo che sono state tutte ingrossate e addirittura le ultime due (verso l’interno) sono state unificate in una sola in modo da creare, nell’insieme, una zona molto più scura di quella a sinistra. Amasis cercò in questo modo di compensare la zona chiara troppo ampia che si era creata a destra causa l’eccessivo spostamento a sinistra dei due cavalli ma si accorse che l’espediente non era sufficiente: la figurazione continuava a risultare sbilanciata a sinistra e decise di intervenire inserendo il guerriero che vediamo perchè compensasse verso destra la figurazione.

Ma veniamo ai particolari che associano questa kylix a quella di Tarquinia.

In primis notiamo la struttura circolareggiante della raffigurazione del medaglione e il fatto che entrambi i medaglioni siano circondati da una moltitudine di personaggi strettamente attinenti a quelli centrali (le divinità marine in cerchio attorno a Tritone al centro nella coppa di Tarquinia, guerrieri in cerchio attorno alle divinità preposte alla battaglia, cioè i Dioscuri nella coppa in oggetto). L'unica differenza sta nel fatto che il cerchio delle Nereidi è interno alla coppa mentre quello dei guerrieri è esterno. Ulteriore ed importantissima convergenza la rintracciamo nel fatto che in entrambe le kyliches siano stati utilizzati due espedienti geniali atti a creare l'illusione del movimento: i gomiti alzati delle Nereidi a simulare il moto ondoso e le coincidenze delle linee dei posteriori e dei colli dei cavalli per simulare di nuovo il movimento dell'impennata.

L'attribuzione ad Amasis della coppa con Dioscuri risulta piuttosto facile, bastano i due cavalli dinamicamente e disegnativamente similissimi a quelli da lui spesso dipinti: il cavallo impennato nello stesso modo e con le stesse caratteristiche posturali e dimensionali ritorna spessissimo in Amasis, ma c'è un vaso in particolare che ne garantisce la paternità in quanto sfrutta un artifizio ottico quasi identico a quello utilizzato nella nostra kylix (fig.11-12)

Fig. 11 Anfora a collo continuo decorata da Amasis

Fig. 11 Anfora a collo continuo decorata da Amasis

Fig. 12 Particolare di fig.11

Fig. 12 Particolare di fig.11

Come si può ben vedere Amasis ha utilizzato in quest'anfora un espediente similissimo a quello della nostra coppa: ha sovrapposto parzialmente i corpi dei cavalli l'uno all'altro creando una massa nera allungata da cui emergono colli, teste e zampe esattamente come nel nostro medaglione. Questo espediente serve ad Amasis per realizzare lo stesso meccanismo che abbiamo rintracciato nella nostra coppa: creare la sensazione del movimento.
Se nel nostro caso l'espediente di tipo cinematografico riguarda l'impennata verso l'alto, Amasis tenta invece in quest'anfora, di realizzare l'impressione del movimento lineare in avanti dei quattro cavalli e ci riesce, anche in questo caso, benissimo. Pare addirittura che tutta la raffigurazione non rappresenti altro che le varie fasi del movimento del primo cavallo di destra verso sinistra (e che tale interpretazione non sia esatta lo arguiamo solamente dal fatto che le vesti dei cavalieri siano diverse tra loro).
Vien da pensare agli squallidi tentativi dei futuristi che utilizzarono espedienti simili solo 2.500 anni dopo e solo perchè già a conoscenza delle tecniche cinematografiche. Questa corrispondenza di intenti non lascia dubbi sull'attribuzione della coppa ad Amasis: anche le caratteristiche dei cavalli e dei cavalieri sono identiche, identiche sono le capezze, identiche le posture e le dimensioni delle zampe dei cavalli, caratterizzate da un'estrema sottigliezza, talvolta esagerata soprattutto nell'attacco alle cosce.
Amasis è quindi sicuramente l'artista che ha decorato questa kylix con i Dioscuri.
Credo sia inutile sottolineare l'importanza della kylix sopraccitata: essa ci da la certezza del fatto che la pittura greca, già metà del VI secolo a.C.  si poneva il problema di superare la staticità bidimensionale dei dipinti attraverso la ricerca della resa del moto.

BREVE SPECIFICA SULLE MIE QUALIFICHE (vedi poi biografia)

Allego una mail speditami da James Beck, massimo esperto mondiale di pittura rinascimentale italiana, Columbia University, New York, con cui collaborai per 5 anni, in cui egli afferma praticamente che io sarei il più grande Storico dell’Arte esistente.

Allego altresì un’intervista del Corriere a Marco Meneguzzo docente di Storia dell’Arte a Brera che sottolinea la correttezza delle mie analisi, in questo caso relative alla Madonna del Parto di Piero della Francesca 

 

 AMASIS: IL PIU' GRANDE DEI SUOI CAPOLAVORI
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