Su cosa poggiano i piedi dei due personaggi? Non è certo così facile comprenderlo, per cui la critica ha preferito fare finta di niente e non parlarne neppure.
Capisco se il quadro fosse di Teomondo Scrofalo o di Pinco Palloncione (non cercateli su Wikipedia, non esistono), ma qui si tratta di uno dei dipinti più famosi del mondo!!! Come si può ignorare l’argomento?
Bene, che il colore della superficie su cui poggiano i due personaggi sia molto simile a quello dell’acqua soprastante è evidente, ma notiamo come, sulla destra, l’ “incognita” superficie si fonda in modo inquietante con l’acqua del fiume e come sulla sinistra diverse pennellate proseguano dalla superficie “incognita” all’acqua, pennellate che ci danno la certezza che i I DUE PERSONAGGI POGGIANO APPUNTO SULL’ACQUA.
Un’acqua diversa, venata di un azzurro più chiaro, quasi in memoria di un cielo diurno, e con un moto trasversalmente incidente su quello orizzontale che interessa la parte più lontana del fiume. Si, qui l’acqua par muoversi verso il bordo sinistro del quadro, e non solo, essa pare alzarsi e impennarsi in due surreali onde chiare prodotte dall’impatto con le imbarcazioni.
E non può essere che così, perché le “onde” sopravanzano di molto in altezza le barche e paiono sul punto di sommergerle.
Di sicuro di acqua in movimento verso sinistra si tratta, ed è da questa precaria condizione che i due personaggi guardano spauriti verso di noi.
E’ evidente che Vincent ha voluto rendere, con questa collocazione surreale dei protagonisti, sia la precarietà del rapporto tra due innamorati, sia la precarietà stessa della delicata superficie della vita, che può in ogni momento cedere sotto di noi e sprofondarci nel nulla.
Conducono, alla riva opposta del fiume, i riflessi delle lampade a gas della cittadina, viatico marino solo illusoriamente gravido di luce. Si fondono però, i meccanici bagliori, a quelli che sopra di loro risplendono e paiono quindi, le luminose strisce sull’acqua, altrettante strade che conducano anche in cielo, là dove di luce vera brillano, assieme ai sogni nostri, le stelle.
Ma le onde sembrano minacciare gli unici mezzi che possono permettere ai due amanti di solcare le finte strade che verso il cielo conducono.
Onde e barche non fanno in fondo che riproporre il motivo inquietante del ponte di Langlois (vedi l’altro mio articolo sul quadro omonimo): là il ponte levatoio di legno che ad ogni momento può sollevarsi e le acque impedire agli amanti di proseguire , qui le barche che, se venissero sommerse dalle onde, di nuovo ritroveremmo le acque ad impedire agli amanti di proseguire verso le luci.
Ma cosa si staglia in cielo, proprio sopra le loro teste?
Mio Dio, il Gran Carro!
Le stelle non sono allora l’ultima meta? Addirittura al di là di sé stesso si riproietta dunque magicamente il sogno, a comporsi nel carro celeste, divino luminoso mezzo col quale intraprendere un ulteriore viaggio?
Ancora più lontano dunque? Chi mai prima immaginò una meta talmente felice da far delle stelle solamente il mezzo per poterla raggiungere?
A.Cottignoli 26 febbraio 2017
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BREVE SPECIFICA SULLE MIE QUALIFICHE (vedi poi biografia)
Allego una mail speditami da James Beck, massimo esperto mondiale di pittura rinascimentale italiana, Columbia University, New York, con cui collaborai per 5 anni, in cui egli afferma praticamente che io sarei il più grande Storico dell’Arte esistente.
Allego altresì un’intervista del Corriere a Marco Meneguzzo docente di Storia dell’Arte a Brera che sottolinea la correttezza delle mie analisi, in questo caso relative alla Madonna del Parto di Piero della Francesca
MANZONI IN VATICANO?
Cari colleghi, storici dell’arte, che leggete i capolavori antichi come se fossero tante sciocchezze perché non potete certo mettervi al pari col genio che li produsse, voi, causa l’avvilimento a cui assoggettate la grande pittura, siete i responsabili del tragico accreditarsi nel mondo delle oscene, finte ciofeche dell’arte contemporanea.
Se veramente i capolavori del passato avessero la loro giusta lettura le opere contemporanee apparirebbero in tutta la loro superficialità, faciloneria e stupidaggine, mentre l’incapacità degli addetti al mestiere di capire alcunché delle meraviglie del passato, fa si che avvenga esattamente il contrario.
Verrà il giorno in cui vedremo, in Vaticano, al posto della Pietà di Michelangelo, una scatoletta di merda, si spera almeno ben sigillata?
Ma di chi è la colpa maggiore dell’affermarsi delle porcherie dell’arte contemporanea, oltre a mercanti, critici d’arte e banche, banche che in assoluto anonimato finanziano questo lucroso disastro? I maggiori colpevoli sono i “Grandi Collezionisti”, disgraziati fabbricanti di detersivi, di sardine in scatola, di preservativi e quant’altro, spesso quasi analfabeti e privi di qualsiasi sensibilità estetica che, magari quando cascano loro i capelli rimediano in maniera geniale col “riporto”, sono loro i veri colpevoli: questa razza disgraziata non compra le opere d’arte perché “gli piacciono”, ma semplicemente perché “gli mancano”, come una moneta o un francobollo! Basta che gli si faccia credere che il pittore è famoso ed ecco che questi colossali pirla ne vogliono possedere un’opera, magari semplicemente per non essere secondi all’industriale amico più fesso di loro. Spesso manco gli interessa guardare attentamente l’opera, basta che sia dell’autore che gli manca.
Al mercato dell’arte tutto ciò non sembra vero: la più orrenda ciofeca può diventare così “oggetto artistico da collezione” cosa che permette di ridurre infinitamente le spese di acquisto presso gli artisti.
“Spruzzami una tela tutta d’azzurro con uno spray” dice il mercante all’artista “ci metti pochissimo e puoi farne 50 al giorno, se te le pago € 10 l’una guadagni € 500 al giorno (15.000 al mese) e sei ricco”.
“Io poi” prosegue il mercante “organizzo mostre, articoli sui giornali, pubblicità fittizie con prezzi finti sempre più alti e la gente si convince che sei famoso, allora arrivano quei pirla di “grandi collezionisti” ed il gioco è fatto: sono centinaia di migliaia solo in Italia e non si riuscirà nemmeno ad accontentarli tutti. E man mano che i “pirla collezionisti” abboccano, i prezzi crescono.”
Basterebbe eliminare tutti i grandi collezionisti e l’arte contemporanea tornerebbe finalmente sul binario giusto, quello determinato da chi i quadri li compra perché “gli piacciono”. Che solo questa è la motivazione corretta per acquistare un’opera d’arte.
Miei cari colleghi “Storici dell’Arte”, che non fate che ripetere stancamente ciò che dissero Berenson e Longhi (che mai, di nemmeno di un quadro capirono qualcosa) e che mi ignorate perché troppo vi spavento, a voi mi rivolgo rifacendomi allo splendido Sordi del “Marchese del Grillo” sperando che capiate la “sottile ironia”:
IO SONO CIO’ CHE PRIMA DI ME NON E’ STATO MAI E CHE DOPO DI ME NON POTRA’ MAI PIU’ VENIRE E, VOI ……. NON SIETE UN CAZZO.
Sette miei quadri che ripropongono in chiave diversa la conquista delle stelle